martedì 25 maggio 2010

Re Coglione

Quella che andrò a raccontarvi ora è la mesta storia del Re coglione che all'origine portava un altro nome. Senza pensar di farne vilipendio o vile pegno di quello stemma infausto che sventola sulla sua testa cercherò di narrarne una trama onesta. La corte intera gli faceva festa a ogni cantone ma varcato che ne ebbe il suo portone tutti gridavano ma che coglione! A chiamarlo con tal nome, la reale corte e sin la plebe ne era avvezza, non solo per quella forma strana che il re ne aveva in testa. Così ovunque lo si appellava nonostante il re coglione di chissà quali poteri si vantava e, ignaro della beffa che si consumava a manca e a destra, continuava a credere di essere un re glorioso e di poter aver gran fama mentre di bocca in bocca si spargeva la sua infamia. Più passava il tempo, più egli se ne convinceva poiché nessuno mai glielo diceva, nemmeno di quel nome per cui era noto e vi assicuro non a torto!
In moglie aveva una regina di vedute strette e sedere largo che se davvero fosse stata dama lo sarebbe per la sua forma quadra! Tal regina ebbe in dono dalla sua fava madrina una bacchetta con la quale al re batteva in testa per asservirlo ad ogni suo volere levandogli di botto ogni potere ma per non fargli intendere la cosa alle botte ne alternava la carota che un dì scomparve misteriosamente.
Che fine fece la carota? Chiedetelo alla regina quando si siede storta!
Girava il re coglione dentro la sua carrozza che era di un colore assai bizzarro similmente ad un verde catarro e il popolo a gridare che tamarro! Passando col suo carrozzone gonfiava la coda come un pavone convinto di aver scelto un bel colore e destarne a corte l'ammirazione e triplicavano le risa alle sue spalle che anche a lui gliene dicevano di balle!
Che bel colore oh mio signore la sua carrozza! ! Diceva il ciambellano fingendo di invidiarne quella scorza che dal verde catarro cangiava in piscio di cozza!
Ma che colore ha il piscio di cozza?

Spiacente non ne conosco la risposta!
Che a descriverne la tinta non son buona tanto orrenda era quella carriola! La peculiarità che il re coglione aveva era quella di credere di esser un uomo probo e onesto, saggio e tutto d'un pezzo ma la sua vera arte era di raccontarne tante e tutte balle grosse quali mai si videro fra le sue gambe e l'unico senso dell'onore era solo quello di un povero coglione! Mentiva su tutto e tutti senza alcun pudore persino sulla sua vita ne cantava di belle e buone, solo la regina non fiatava fingendo di credere ad ogni balla che sparava. Forse perché dentro lo compativa o forse perché fuori dal regno non usciva che diversamente ne avrebbe sentite troppe e anche sul suo conto se ne sparlava forte. Poiché il re coglione anche sulla regina ne diceva tante e brutte tutte quante! La regina dall'alto del suo dire la verità forse non volle mai sentire ma da tempo ormai sapeva che al suo fianco un re coglione aveva e soltanto con la sua fida amica diceva che il re non teneva manco una minchia!
Arrivò nel regno una gran dama nulla sapeva di questa sua fama e nel gran cuore che lei ne aveva del re coglione ne ebbe compassione.

Sì, perché quel che non sapete, brava gente, è che il re come la vide di lei coltivò in segreto una passione!
E da quel dì la seguiva ovunque ella si trovava rincoglionendosi ad oltranza così da re coglione per variare lo si chiamò minchione!

La dama che si rese conto di questa sua passione lo portò nel bosco a ballare una paranza con un seguito che fu da mal di panza! Sì, signori e signorine belle che di risate ve ne fareste a crepapelle se dovessi raccontarne la miseria che re coglione teneva fra le gambe!

Sarebbe caduta la sua boria se ne fosse descritta la piccola cicoria che di qualcuno si potrebbe chiamar pisello ma di lui neanche fagiolo di un baccello! La dama allora non proferì parola e finse di creder a ogni sua parola ma già da allora cominciò a riderne da sola del re coglione del baccello e della carriola!


Intanto già il popolo mormorava dei suoi segreti a corte, pare infatti che la regina ora lo menasse forte tanto che il nome coglione girava per tutte le porte e più il re pensava che lo si rispettasse meno la derisione lo lasciava... perché la finzione del rispetto a uno che nasce coglione non desta alcun sospetto!
Ma torniamo ora alla nostra dama che seguiva in ogni balla la sua trama.
Lo vide un giorno dietro un vetro nella sua regale camera con un capello che non era una corona, ma in cima aveva paglia oddio!

- si disse allora la dama; ma questo è un asino che raglia!

E spaventata a tal cospetto, vide fondato ogni suo sospetto!
Ci vuole poco a indovinar l'intreccio di un re coglione vista la sua vera dimensione... Chi nasce servo non sarà mai padrone. E schiavo ne rimase nella sua testa che la gran dama aveva fatto fessa nell'illusione che di lui era innamorata persa!
Privo sin dal principio di ogni sorta di potere ella lo prese clamorosamente per il sedere e con gesto svelto levato che gli ebbe quello scettro glielo infilò per bene nel di dietro! Che fine fece il re coglione?

Vi chiederete voi ed io narrando di rivelare mi diletto che non se lo levò mai più dal posteriore per quanto camminasse da signore...

Bello dritto e fuori il petto ma della postura rigida ora ne sapete il suo segreto!
Pare infine a che qualcuno intuendone l'arte nel recitar gli diede una piccola parte e se memoria nel dire non m’inganna lo vidi con il solito capello fatto di paglia a muoversi in mezzo ad un campetto con un bastone a sostituire nel retro quello scettro...
Ma che parte potrebbe fare un re coglione?

E in quale film averne fama?

Nel mago di Oz signori e signore ebbene Si!

Faceva lo spaventapassere ! Ahahah :-)

signori la morale è questa che chi nasce con tale testa coglione era e coglione resta!

Signore per voi un'altra morale: anche chi nasce dama resta tale!
Riferimenti a fatti, persone e coglioni vari non sono assolutamente casuali!

giovedì 29 aprile 2010

La mostra

La musica alla radio l’aveva svegliata come ogni mattina, dalla persiana socchiusa trapelava un raggio di sole che illuminava la testata del letto. Si stiracchiò nascose la testa sotto il cuscino, non doveva lavorare aveva dimenticato di staccare l’allarme della radiosveglia, ormai ogni tentativo di riaddormentarsi era inutile si alzo preparò il caffè e portandosi dietro la tazza fumante apri l’acqua della doccia mentre era sotto il getto d’acqua calda, si ricordò dell’invito che aveva ricevuto giorni fa, era per quel pomeriggio, una mostra fotografica chissà chi tra le sue conoscenze l’aveva spedito non c’era mittente.

Si vesti con cura cercò in giro per la casa il’invito, sembrava essersi volatilizzato poi lo trovò l’aveva lasciato in un libro, sorrise leggendolo…” fermo immagine di vita” questo il titolo della mostra, il nome del fotografo non gli diceva niente, continuava a pensare chi l’avesse invitata ma non gli venne in mente nessuno. Uscì per un giro di shopping, un panino veloce in centro era una bella giornata non aveva voglia di starsene in casa e protarse il giro fino all’ora della mostra.

Arrivò alla mostra che era stata allestita in un’ex fonderia, le travi del soffitto lasciavano cadere fili d’acciaio quasi invisibili, alla base ad altezza d’uomo erano fissate le stampe tutte in bianco e nero con sfumature di grigi molto particolari.

Girò per la sala silenziosa osservando le foto in giro nessun faccia conosciuta fra i pochi presenti, le foto ritraevano immagini di donne alcune erano dei nudi artistici paesaggi e vecchi edifici a un tratto si paralizzò davanti ad una foto che ritraeva una donna in un letto il lenzuolo tenuto all’altezza del seno occhi felici sorridenti continuò a fissare quella foto fin quando la sua mente non accettò di ammettere che era lei.

Si appoggio alla parete si guardò in giro come a verificare se qualcun altro nella sala stesse guardando quella foto.

Lei ritratta quindici anni prima non riusciva a crederci, non si capacitava come quella foto fosse finita in una mostra e un fremito per il corpo le riportò alla mente lui Fez, passione giovanile cominciata e finita nel tempo di poche settimane ma tanto travolgente e coinvolgente da non poter mai evitare di confrontarlo con chiunque altro avesse frequentato dopo.

Si allontanò dalla foto, le aveva messo addosso ai fremiti, pensava com’era possibile, poi comincio a girare per la mostra chiese del fotografo le dissero che sarebbe arrivato a breve. Si finse interessata ad acquistare un’opera la fecero accomodare in una sala d’attesa. Che cosa avrebbe detto a quell’uomo pensò. Certo non se ne sarebbe andata senza portarsi via la sua foto e senza aver scoperto come l’avesse avuta. L’idea d’esser messa in mostra così nel suo intimo la disturbava l’attesa durò poco la porta si aprì si volto e quello che vide finì di sconvolgerla Fez era lui nonostante gli anni passati non poteva non riconoscerlo anche lui restò bloccato sulla porta per un attimo in silenzio poi si avvicinò e le sorrise.

Parlò per primo –“sei davvero tu non avrei sperato tanto dall’invito.”

Lei trovò le parole. Le tremava persino la voce

-Allora sei stato tu ?certo ora è tutto chiaro adesso, volevi vedessi la foto?

-No, volevo vedere te, ti ho cercato sai ritrovarti non è stato facile

Poi la mostra nella tua città, ho trovato il modo per avvicinarti e farti una sorpresa spero gradita andiamo vieni.

La invitò ad andare con lui una passeggiata voleva parlargli le chiese di aspettarlo doveva solo sbrigare una cosa quando tornò, aveva una cornice impacchettata.

- è giusto che ora la tenga tu. Le disse

Uscirono dalla fonderia attraversarono il giardino che li portava al parcheggio e salirono sull’auto di lui, mentre guidava lei lo guardava. Non era cambiato il viso aveva maturato i tratti, sottili rughe segnavano gli occhi il fisico asciutto come anni fa il colore ambrato della pelle le mani lunghe e sottili. Chiuse gli occhi per un attimo sospirò il suo corpo ricordava quelle mani si senti attratta come allora quando era bastato uno sguardo a rivelargli quando lo desiderasse.

Gli raccontò che dopo esser ritornato nel suo paese aveva lavorato tanto ma non aveva mai abbandonato il suo amore per la fotografia. Così dopo tempo qualcuno l’aveva notato e così aveva iniziato a girare il mondo per le mostre fotografiche il ricordo di te gli disse non mi ha mai abbandonato nonostante gli anni e nuove storie sei sempre viva dentro di me e ogni tanto ripenso a se avessi accettato di venir via con me, oggi dove saremo.

Lei lo ascoltava in silenzio il suono della sua voce era molto sensuale…le chiese di lei poi sorrise dicendogli: dimenticavo che non ami parlare di te per tirarti fuori qualcosa ci voleva un bel lavoro persuasivo non sei cambiata i tuoi occhi la stessa luce.

Per me sei ancora la stessa che mi diceva fai l’amore con me fallo adesso ricordi il luogo non faceva differenza eri davvero speciale.

Non credi che l’età possa avermi dato giudizio, che il tempo mi abbia cambiato, sono passati quindici anni. gli rispose lei.

Ti guardavo in quella sala, ero nascosto ti osservavo dalla telecamera di sorveglianza il tuo modo di camminare, il tuo sguardo quando hai visto la foto, ho zumato sul tuo viso non ho trattenuto l’emozione che mi ha dato vedere la tua espressione come allora bellissima e impertinente lo stupore, non riesci a nascondere quello che provi ricordo ancora la tua freddezza nel dirmi che era solo sesso e che non avresti sconvolto la tua vista per quello.

Così ho sempre pensato a te, a cosa poteva essere se non fossi stato costretto ad andare via, se tu fossi venuta via con me, se e ma non portano lontano la vita è andata a vanti ma il destino ha voluto che venissi qua dov’eri te è stato un caso ma sapevo che vivevi qui e non potevo non rivederti.

Aveva parlato in fretta la voce calma, Così seppe anche lui in quest’anni l’aveva pensata strano che una storia così breve lasciasse segni per anni e rivedersi ora la faceva sentire confusa, quel desiderio riaffiorava in entrambi come se il tempo l’avesse tenuto serbato intatto.

Si fermarono in un ristorante mentre cenavano lui le sorrise dicendo è la prima volta che mangiamo insieme non abbiamo mai trovato il tempo se non per starcene rinchiusi da qualche parte…. La cena proseguì ricordando di loro poi l’argomento passò al presente e si ritrovarono a ridere e scherzare.

Dopo la cena uscirono dal locale l’aria della sera le aveva dato un po’ di sollievo, sentiva il calore invaderla ogni volta che lui la guardava o la sfiorava. Si fermarono al muretto del bel vedere la città illuminata e ancora in movimento nonostante l’ora tarda da lassù era stupenda. Gli si avvicinò la fisso negli occhi e la baciò rispose al bacio strinse le mani intorno alla sua vita e si rese conto che il tempo non aveva cancellato niente del ricordo di lui il bacio fu all’inizio tenero quasi sfiorato poi divenne irruento si senti spingere verso il muro stretta fra le sue braccia chiese solo che quella notte durasse il più possibile.

Si stacco, i suoi occhi riflettevano la luce della luna rimase a guardarlo in silenzio. Lui le sussurrò resta con me stanotte e le afferrò la mano si lascio guidare fino al suo albergo. Entrarono nella stanza appoggiò su una sedia il ritratto e rimase ferma tutto era accaduto in fretta che non riusciva ancora a rendersi conto se fosse reale o solo frutto della sua immaginazione. Lui le cinse la vita, la guidò verso il letto la fece stendere le sfilò le scarpe continuava a guardarla. Si sbottonò la camicia e la lanciò via, le fece per avvicinarlo lui la trattenne sul materasso alzo il tallone allungo le mani sotto la gonna e sfilò una calza, la portò ai suoi polsi e li lego alla testata del letto, prese a sfilargli l’altra calza si abbasso per baciarla e lei capii che voleva bendarla fece resistenza, fammi guardare gli disse, no sussurro lui" dopo". La bendò, dal sottile nylon della calza ora vedeva solo un fioco luccichio di luce e la sagoma di lui sfumata dal nero. Senti le dita di lui che sbottonavano la camicetta il tocco sulla pelle le procurava tremiti sentiva il suo respiro, la liberò del reggiseno le sfilò la gonna uno strappo secco e veloce la liberò del perizoma, percepì il respiro di lui sui seni le mani che li avvicinavano le dita che premevano i capezzoli. Le labbra percorrevano il ventre verso il basso senti la lingua sull’inguine poi le labbra e quando la punta della lingua le sfiorò il clitoride ebbe un fremito più forte. Le leccava gli umori che l’attesa gli aveva provocato, la testa di lui fra le gambe invadeva il suo corpo di un piacere immenso, i gemiti aumentarono inarco la testa indietro alzando un po’ la schiena la lingua di lui la penetrava come un piccolo pene, scendeva giù lambiva l’ano ritornava dentro, nella stanza la sua voce smorzata dal piacere arrivò l’orgasmo, gridò strinse le gambe lui le riaprì e ricomincio, gli chiese di slegarla, lui la ignorò continuò, orgasmi di cui non teneva il conto arrivavano ormai non pensava più si lasciava trasportare dal piacere passivamente abbandonata a quella sublime tortura.

Un altro orgasmo e gridò di nuovo più forte lui si avvicinò all’orecchio le sussurrò mi sei mancata tanto ora solo tocco con mano quanto sei dentro di me.

La baciò un bacio profondo il suo sapore le invase bocca.

La slegò e la sbendò finì di spogliarsi ed entrò in lei con lo sguardo fisso nel suo, quando il piacere la portava a chiuderli lui le diceva guardami ….le mani appoggiate sul materasso si teneva alzato e la guardava i gemiti si confondevano e lui ogni volta le chiudeva la bocca con baci le succhiava la lingua insieme l’orgasmo furioso li prese rimasero attaccati stretti lui le carezzava i capelli scompigliati ripetendogli quanto fosse bella così.

Piano mentre lei era supina lui si mise su di lei senti il suo membro rinvigorito premere sulle natiche scivolò da sotto a lui e andò a succhiarlo discese con la lingua sui coglioni li succhiò forte mentre lo stringeva fra le mani senti il respiro di lui farsi più accelerato riprese il membro fra le labbra e iniziò a muoversi alternando movimenti lenti a movimenti veloci ogni alta che arrivava alla cappella alzava lo sguardo, mentre gli girava la lingua intorno lo guardava e lui gli diceva piccola strega.

Con la voce smorzata dal piacere continuò in quel modo fin quando senti il seme invadergli la bocca succhio ancora guardandolo gustandosi la visione del suo viso contratto dal piacere si sdraiò accanto a lui lo baciò ora lei dava a lui il suo sapore, uno accanto a l’altro riposarono senza parlare, non avevano da dire bruciate dalla passione le parole non uscivano bastavano gli sguardi che si scambiavano lo sfiorarsi così comunicavano.

Si strinse di nuovo, lei capi portò la mano giù al membro le sorrise.

non sei cambiato per niente in questo gli disse.

La volto di spalle e gli rispose straghetta non sembri dispiaciuta anzi.

Ora il membro premeva all’‘ano entro piano poi affondò il ritmo si fece veloce le mise una mano sotto la pancia e la spinse ad alzarla dal letto, le teneva i fianchi e si spingeva dentro sempre più, spostò una mano la attorciglio nei capelli e fece in modo che lei lo guardasse spinse ancora di più non riusciva a reggersi bene se non la tenesse lui sarebbe scivolata via godevano insieme il piacere aumentava sentiva i suoi umori scivolarle lungo le gambe quando il ritmo si fece quasi violentò arrivò l’orgasmo grida gemiti si confusero si rilasciò su di lei e la baciò sfiniti ormai furono vinti dal sonno ………….

Quando lei Apri gli occhi il sole era alto si guardò intorno vide il suo ritratto sulla sedia senti scorrere l’acqua in bagno la mente realizzò dove fosse ripensò alla notte passata, come un automa si rivesti prese un rossetto dalla borsa e sullo specchio dell’entrata scrisse Addio prese il ritratto le sue cose e uscì.

Camminò parecchio prima di prendere un taxi per andare a recuperare la sua macchina addosso ancora il suo odore.

Uscito dal bagno, vide il letto vuoto si guardò intorno, il ritratto non c’era più capì prima ancora di leggere sullo specchio, pensò che davvero non fosse cambiata, non si poteva tenere legata a meno di non legarla davvero.

lunedì 22 marzo 2010

L'attesa

Protrarsi di attimi e memorie

vanno a cernere stati d’animo

Parole pensieri si mescolano

Sensazioni e profumi si cercano

Non importa sapere... dove... quando

spazio e tempo non hanno importanza

conoscerne il perché muta da

febbrile l'attesa in spasmodica

e poi ancora

felice e agitata

L’ anima attende

lunedì 8 marzo 2010


Le origini della festa dell'8 Marzo risalgono al lontano 1908, quando, pochi giorni prima di questa data, a New York, le operaie dell'industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l'8 marzo il proprietario Mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire. Allo stabilimento venne appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere all'interno morirono arse dalle fiamme. Successivamente questa data venne proposta come giornata di lotta internazionale, a favore delle donne, da Rosa Luxemburg, proprio in ricordo della tragediaQuesto triste accadimento, ha dato il via negli anni immediatamente successivi ad una serie di celebrazioni che i primi tempi erano circoscritte agli Stati Uniti e avevano come unico scopo il ricordo della orribile fine fatta dalle operaie morte nel rogo della fabbrica.

Successivamente, con il diffondersi e il moltiplicarsi delle iniziative, che vedevano come protagonistele rivendicazioni femminili in merito al lavoro e alla condizione sociale, la data dell'8 marzo assunse un'importanza mondiale, diventando, grazie alle associazioni femministe, il simbolo delle vessazioni che la donna ha dovuto subire nel corso dei secoli, ma anche il punto di partenza per il proprio riscattoAi giorni nostri la festa della donna è molto attesa , le associazioni di donne organizzano manifestazioni e convegni sull'argomento, cercando di sensibilizzare l'opinione pubblica sui problemi che pesano ancora oggi sulla condizione della donna, ma è attesa anche dai fiorai che in quel giorno vendono una grande quantità di mazzettini di mimose, divenute il simbolo di questa giornata, a prezzi esorbitanti, e dai ristoratori che vedranno i loro locali affollati, magari non sanno cosa è accaduto l'8 marzo del 1908, ma sanno benissimo che il loro volume di affari trarrà innegabile vantaggio dai festeggiamenti della ricorrenza. Nel corso degli anni, quindi, sebbene non si manchi di festeggiare queste data, è andato in massima parte perduto il vero significato della festa della donna, perché la grande maggioranza delle donne approfitta di questa giornata per uscire da sola con le amiche per concedersi una serata diversa, magari all'insegna della "trasgressione", che può assumere la forma di uno spettacolo di spogliarello maschile, come possiamo leggere sui giornali, che danno grande rilevanza alla cosa, riproponendo per una volta i ruoli invertiti.
Per celebrare la festa della donna, bisogna comportarsi come gli uomini?

tratto dal web

sabato 6 marzo 2010

Raccontando

Quel giorno decise di prolungare la sua passeggiata, si diresse verso la banchina, deserta a quell’ora del mattino soffiava un venticello freddo, le sferzava il viso scompigliandole i capelli.

I profumi dell’imminente primavera venivano dalla pineta, misti all’odore di terra bagnata, un gabbiano le volò accanto, sorrise la mente corse a lui, a come le mancava il suo odore, il sapore dei suoi baci era passato del tempo continuava a sentirlo ma non c’era più stata occasione di rivedersi, la vita procedeva con i ritmi soliti. Vide una panchina si tolse la giacca, l’appoggio sopra la panchina si stese osservava il cielo limpido seguiva le evoluzioni dei gabbiani, il loro chiamarsi stridulo…intanto continui flash back invadevano i suoi pensieri.

Scosse la testa non voleva pensarci non le piaceva sentirsi schiava di quella passione, sempre padrona di se stessa non aveva mai permesso di lasciarsi sopraffare dalle emozioni, chi la conosceva la definiva misteriosa e fredda, non era un modo di fare ma solo un comodo modo per tenersi lontana dal dolore poche cose contavano nella sua vita e uno di questi era preservare se stessa aveva imparato a farlo presto e aveva portato avanti la sua vita così.

Il suo lato pubblico immacolato e irreprensibile, calcolatrice in ogni gesto ogni sguardo, il suo intimo solo suo, due facce della stessa medaglia che non potevano essere più diverse.

Ora il terreno sotto i piedi le tremava non voleva ammetterlo a se stessa lui gli mancava, continuava assorta la sua passeggiata quando scorse un uomo che veniva verso da lei, continuò a camminare, solo quando fu più vicina, lo osservò bene, la camminata, i tratti si voltò intorno incredula pensava che la sua testa avesse creato un’illusione lui era lì, conosceva quel posto ma come poteva trovarsi lì nello stesso momento.

Si avvicinò fermandosi a pochi passi da lei, il suo pensiero, la sua ossessione si era materializzata lì, sorrise non poteva essere colta in fallo non voleva che lui s’accorgesse di quanto era debole di quanto era dipendente di quella passione smodata che aveva per lui.

Vane eresie lui lo sapeva lo sentiva se ne cibava, come lei si sfamava della sua ossessione.

Parlò per prima doveva spezzare la tensione "come mai qui?" gli chiese.

La sua risposta fu banale, ma la colpì come una fiammata.

Sai perchè sono qui... per te!

Un brivido le attraversò la schiena, un crampo all’inguine, il suo corpo ricordava quelle mani il suo essere straordinariamente passionale spregiudicato.

Si avvicinò, la mano sul collo, le dita sfioravano il viso non parlava la guardava era una sfida sapeva quanto lei era debole davanti al suo sguardo. Infatti, lei non resisté molto, si mosse per baciarlo lui le tenne i polsi la fermò, continuando a sostenere il suo sguardo poi fulmineo la attirò a se e la bacio, un bacio dolce, lentamente le lambiva le labbra la strinse forteLei avrebbe voluto entrargli nella mente, capire cosa pensava in quel momento se avesse capito che si era messa sulla difensiva i se le affollavano la mente, furono spazzati via velocemente da quel bacio, ora non le importava ne come ne perché era lì, bastava che ci fosse

Le prese la mano, e parlandogli all’orecchio le sussurrò vieni con me in quella barca non posso aspettare di arrivare in albergo, si guardò in torno la spiaggia deserta da lontano un uomo con il cane tropo lontano per poterli vedere, vicino alla banchisa piccoli scafi in rimessa intorno solo il fruscio del vento, la risacca delle onde del mare.

Non fece resistenza si lasciò condurre fino alla barca, la porta della cabina era aperta. Entrarono si guardarono intorno, un ambiente spartano, il pannello dei comandi, attrezzi e un divanetto logoro un tavolo, lo vide armeggiare con le tende fece il giro, le chiuse tutte tranne quelle che davano sul mare, girava per la cabina, cercava qualcosa quando vide cosa aveva in mano capì, tremo di desiderio quando si avvicinò a lei, in mano aveva delle corde le sfiorò le labbra .

Sorrise annuendo, prese a spogliarla velocemente, gli sfilo l’abitino si fermò a guardarla in sottoveste, compiaciuto, si abbasso con le mani fece scivolar via il panty di pizzo, si alzo gli slaccio il reggiseno lasciandoli libero il seno e abbasso le spalline in modo che fuoriuscisse dalla scollatura della sottoveste. Si spostò per guardarla meglio, le disse "sei terribilmente provocante così". Si passo la mano sulla patta del pantalone evidenziando il gonfiore che c’era, un brivido lungo la schiena la scosse. La fece avvicinare al timone le lego i polsi dietro la schiena e poi al timone, le portò uno sgabello si sedette sopra appoggio le mani sui ginocchi le allargo le gambe e lego le caviglie allo sgabello tutto il suo preparare le aveva messo addosso una frenesia sentiva gli umori colarle era seduta sull’orlo dello sgabello si sentiva in bilico non sapeva cosa avesse in mente.

La cosa la eccitava gonfia ed ebbra di piacere aspettava, lo guardava mentre si spogliava senza fretta, seguiva i movimenti del suo corpo mentre si liberava dei vestiti, lui seguiva il suo sguardo rimase nudo davanti a lei il suo sguardo cadde sul membro eretto poteva immaginarne il calore, il palpitare.

Il fuoco di quel desiderio ardeva costantemente e bastava un suo respiro per farlo diventare un incendio, fiamme lambivano le sue tempie, quando si sarebbe avvicinato, si chiedeva.

Contemporaneamente ai suoi pensieri si avvicino le baciò le labbra, poi scese sul collo si soffermò all’incanalatura fra i seni la lingua scivolava succhiò un capezzolo poi lo strinse tra i denti, lei si mosse abbasso la testa per raggiungere la sua. Lui la guardo e le impose di rimanere ferma. Continuò a scendere con le labbra che sfioravano al pelle, arrivò all’inguine comincio a baciarla all’interno delle cosce sentiva il suo respiro tra le gambe ma lui volutamente ci girava intorno. Cominciò a fremere ma nella posizione in cui era, non poteva muoversi ... aspetti? gli disse. Lui ignorò le sue parole continuò a leccarle l’interno coscia facendo in modo che il desiderio aumentasse si propagasse poi, affondò il viso tra le gambe senti la lingua entrare e leccare i suoi umori gocciolanti ansimando tirò indietro la testa chiuse gli occhi si lascio andare alle sensazioni che la lambivano i gemiti, aumentavano, le sembrava che non avesse voce le parole morivano in gola, godeva di lui della sua bocca.

Ogni volta che un orgasmo lo assaliva, tentava di stringere le gambe per protrarre quel piacere ma lui non sembrava curasene e continuava a leccare succhiava avido, dove non aveva la lingua, teneva le dita alternava continuamente l’invasione della lingua con l’intrusione delle dita era spossata, comincio a implorarlo di slegarla gli chiedeva di scoparla non ne poteva più.

Si sposto da lei, le bacio la bocca le sciolse le caviglie e le mani la prese di peso dallo sgabello e la distese sul divano. Si stese accanto a lei carezzandogli il viso e i capelli scompigliati, la bacio lentamente si spostò sopra entrò in lei, comincio a muoversi. La guardava, si avvicinava alla bocca soffocava i suoi gemiti con baci profondi un amplesso dolce in contrasto con quanto lei aveva appena vissuto su quello sgabello. Non si meravigliò mentre lo pensava, ogni cosa di lui era unica niente di prevedibile, si lasciò trasportare da quelle sensazioni gli stringeva le gambe intorno ai fianchi inarcava la schiena, le braccia intorno al collo per tenerlo il più possibile vicino... raggiunsero insieme il piacere rimanendo abbracciati ascoltando il rumore del mare che lambiva gli scogli dietro la barca, il vento era aumentato,rumoreggiava sbatteva le vele arrotolate contro l'albero ,avvolti da una piacevole quiete rimasero a lungo abbraciati cullati dai loro respiri.

Tic...tac

Un ticchettio d'orologio

segna il tempo che si consuma

ritmo caro è continuo quasi impercettibile.

quadri vestono le bianche pareti

colorano intimamente

fabbricano il sentirsi a casa

un libro socchiuso

metà da finire

attende d'esser letto

musica che accarezza le tempie stanche

dal troppo rimuginare

su stantie problematiche

occhi chiusi danno alla mente

viaggi empatici

sentire emozioni

latitanti nell’animo

cortecce assenti

mostrano il nudo legno

anime incomprese

mostrano la loro grandezza

a occhi sapienti