sabato 6 marzo 2010

Raccontando

Quel giorno decise di prolungare la sua passeggiata, si diresse verso la banchina, deserta a quell’ora del mattino soffiava un venticello freddo, le sferzava il viso scompigliandole i capelli.

I profumi dell’imminente primavera venivano dalla pineta, misti all’odore di terra bagnata, un gabbiano le volò accanto, sorrise la mente corse a lui, a come le mancava il suo odore, il sapore dei suoi baci era passato del tempo continuava a sentirlo ma non c’era più stata occasione di rivedersi, la vita procedeva con i ritmi soliti. Vide una panchina si tolse la giacca, l’appoggio sopra la panchina si stese osservava il cielo limpido seguiva le evoluzioni dei gabbiani, il loro chiamarsi stridulo…intanto continui flash back invadevano i suoi pensieri.

Scosse la testa non voleva pensarci non le piaceva sentirsi schiava di quella passione, sempre padrona di se stessa non aveva mai permesso di lasciarsi sopraffare dalle emozioni, chi la conosceva la definiva misteriosa e fredda, non era un modo di fare ma solo un comodo modo per tenersi lontana dal dolore poche cose contavano nella sua vita e uno di questi era preservare se stessa aveva imparato a farlo presto e aveva portato avanti la sua vita così.

Il suo lato pubblico immacolato e irreprensibile, calcolatrice in ogni gesto ogni sguardo, il suo intimo solo suo, due facce della stessa medaglia che non potevano essere più diverse.

Ora il terreno sotto i piedi le tremava non voleva ammetterlo a se stessa lui gli mancava, continuava assorta la sua passeggiata quando scorse un uomo che veniva verso da lei, continuò a camminare, solo quando fu più vicina, lo osservò bene, la camminata, i tratti si voltò intorno incredula pensava che la sua testa avesse creato un’illusione lui era lì, conosceva quel posto ma come poteva trovarsi lì nello stesso momento.

Si avvicinò fermandosi a pochi passi da lei, il suo pensiero, la sua ossessione si era materializzata lì, sorrise non poteva essere colta in fallo non voleva che lui s’accorgesse di quanto era debole di quanto era dipendente di quella passione smodata che aveva per lui.

Vane eresie lui lo sapeva lo sentiva se ne cibava, come lei si sfamava della sua ossessione.

Parlò per prima doveva spezzare la tensione "come mai qui?" gli chiese.

La sua risposta fu banale, ma la colpì come una fiammata.

Sai perchè sono qui... per te!

Un brivido le attraversò la schiena, un crampo all’inguine, il suo corpo ricordava quelle mani il suo essere straordinariamente passionale spregiudicato.

Si avvicinò, la mano sul collo, le dita sfioravano il viso non parlava la guardava era una sfida sapeva quanto lei era debole davanti al suo sguardo. Infatti, lei non resisté molto, si mosse per baciarlo lui le tenne i polsi la fermò, continuando a sostenere il suo sguardo poi fulmineo la attirò a se e la bacio, un bacio dolce, lentamente le lambiva le labbra la strinse forteLei avrebbe voluto entrargli nella mente, capire cosa pensava in quel momento se avesse capito che si era messa sulla difensiva i se le affollavano la mente, furono spazzati via velocemente da quel bacio, ora non le importava ne come ne perché era lì, bastava che ci fosse

Le prese la mano, e parlandogli all’orecchio le sussurrò vieni con me in quella barca non posso aspettare di arrivare in albergo, si guardò in torno la spiaggia deserta da lontano un uomo con il cane tropo lontano per poterli vedere, vicino alla banchisa piccoli scafi in rimessa intorno solo il fruscio del vento, la risacca delle onde del mare.

Non fece resistenza si lasciò condurre fino alla barca, la porta della cabina era aperta. Entrarono si guardarono intorno, un ambiente spartano, il pannello dei comandi, attrezzi e un divanetto logoro un tavolo, lo vide armeggiare con le tende fece il giro, le chiuse tutte tranne quelle che davano sul mare, girava per la cabina, cercava qualcosa quando vide cosa aveva in mano capì, tremo di desiderio quando si avvicinò a lei, in mano aveva delle corde le sfiorò le labbra .

Sorrise annuendo, prese a spogliarla velocemente, gli sfilo l’abitino si fermò a guardarla in sottoveste, compiaciuto, si abbasso con le mani fece scivolar via il panty di pizzo, si alzo gli slaccio il reggiseno lasciandoli libero il seno e abbasso le spalline in modo che fuoriuscisse dalla scollatura della sottoveste. Si spostò per guardarla meglio, le disse "sei terribilmente provocante così". Si passo la mano sulla patta del pantalone evidenziando il gonfiore che c’era, un brivido lungo la schiena la scosse. La fece avvicinare al timone le lego i polsi dietro la schiena e poi al timone, le portò uno sgabello si sedette sopra appoggio le mani sui ginocchi le allargo le gambe e lego le caviglie allo sgabello tutto il suo preparare le aveva messo addosso una frenesia sentiva gli umori colarle era seduta sull’orlo dello sgabello si sentiva in bilico non sapeva cosa avesse in mente.

La cosa la eccitava gonfia ed ebbra di piacere aspettava, lo guardava mentre si spogliava senza fretta, seguiva i movimenti del suo corpo mentre si liberava dei vestiti, lui seguiva il suo sguardo rimase nudo davanti a lei il suo sguardo cadde sul membro eretto poteva immaginarne il calore, il palpitare.

Il fuoco di quel desiderio ardeva costantemente e bastava un suo respiro per farlo diventare un incendio, fiamme lambivano le sue tempie, quando si sarebbe avvicinato, si chiedeva.

Contemporaneamente ai suoi pensieri si avvicino le baciò le labbra, poi scese sul collo si soffermò all’incanalatura fra i seni la lingua scivolava succhiò un capezzolo poi lo strinse tra i denti, lei si mosse abbasso la testa per raggiungere la sua. Lui la guardo e le impose di rimanere ferma. Continuò a scendere con le labbra che sfioravano al pelle, arrivò all’inguine comincio a baciarla all’interno delle cosce sentiva il suo respiro tra le gambe ma lui volutamente ci girava intorno. Cominciò a fremere ma nella posizione in cui era, non poteva muoversi ... aspetti? gli disse. Lui ignorò le sue parole continuò a leccarle l’interno coscia facendo in modo che il desiderio aumentasse si propagasse poi, affondò il viso tra le gambe senti la lingua entrare e leccare i suoi umori gocciolanti ansimando tirò indietro la testa chiuse gli occhi si lascio andare alle sensazioni che la lambivano i gemiti, aumentavano, le sembrava che non avesse voce le parole morivano in gola, godeva di lui della sua bocca.

Ogni volta che un orgasmo lo assaliva, tentava di stringere le gambe per protrarre quel piacere ma lui non sembrava curasene e continuava a leccare succhiava avido, dove non aveva la lingua, teneva le dita alternava continuamente l’invasione della lingua con l’intrusione delle dita era spossata, comincio a implorarlo di slegarla gli chiedeva di scoparla non ne poteva più.

Si sposto da lei, le bacio la bocca le sciolse le caviglie e le mani la prese di peso dallo sgabello e la distese sul divano. Si stese accanto a lei carezzandogli il viso e i capelli scompigliati, la bacio lentamente si spostò sopra entrò in lei, comincio a muoversi. La guardava, si avvicinava alla bocca soffocava i suoi gemiti con baci profondi un amplesso dolce in contrasto con quanto lei aveva appena vissuto su quello sgabello. Non si meravigliò mentre lo pensava, ogni cosa di lui era unica niente di prevedibile, si lasciò trasportare da quelle sensazioni gli stringeva le gambe intorno ai fianchi inarcava la schiena, le braccia intorno al collo per tenerlo il più possibile vicino... raggiunsero insieme il piacere rimanendo abbracciati ascoltando il rumore del mare che lambiva gli scogli dietro la barca, il vento era aumentato,rumoreggiava sbatteva le vele arrotolate contro l'albero ,avvolti da una piacevole quiete rimasero a lungo abbraciati cullati dai loro respiri.

Nessun commento:

Posta un commento